Il 22 luglio 1848 Rivoli Veronese fu teatro di una cruenta battaglia, nell’ambito della prima guerra d’Indipendenza, tra l’esercito piemontese di Re Carlo Alberto e le truppe austriache. Fu proprio ciò che successe quel giorno a indurre il feldmaresciallo Radetzky a realizzare un insieme di opere fortificatorie, creando di fatto un poderoso sistema di sbarramento atesino. Tra il 1849 e il 1854 l’Austria realizzò, su progetto del colonnello Conrad Petrasch, un vero e proprio campo trincerato all’imbocco meridionale della Valdadige, caratterizzato da quattro opere casamattate in grado di interagire tra loro: Forte Rivoli (Werk Wohlgemuth) sulla destra Adige, mentre sul versante opposto della valle i Forti Ceraino (Werk Hlavaty) e Monte (Werk Mollinary), nonché la Tagliata stradale della Chiusa d’Adige (EtschKlause). Questi complessi militari vennero successivamente integrati nel 1861 da altri quattro forti posizionati sulle colline di Pastrengo nell’intento di garantire un ulteriore importante presidio a rafforzamento del blocco di sbarramento di Rivoli. Anche dopo il 1866, con l’avvento del Regno d’Italia, l’importanza strategica del campo trincerato austriaco all’imbocco della Valdadige venne confermata, tanto che tutti i forti vennero mantenuti in efficienza ed in determinati casi ampliati. La potenza di fuoco espressa dallo sbarramento di Rivoli, insieme a quella derivante dalle altre fortificazioni italiane del monte Baldo e dei monti Lessini, rappresentò un formidabile deterrente per ogni velleità di penetrazione in questo ambito durante il primo conflitto mondiale.
Dopo il passaggio del Veneto al Regno d’Italia nel 1866 il sistema difensivo presente in Valdadige non solo venne tenuto in efficienza ma anche potenziato. Il generale italiano Salvatore Pianell ritenne, infatti, che le fortificazioni opportunamente ammodernate ed integrate potessero essere ancora strategicamente importanti per la difesa del confine settentrionale. Pertanto, venne attuata per Forte Rivoli l’inversione del fronte di combattimento. Tuttavia, le dotazioni esistenti non potevano considerarsi sufficienti in caso di attacco nemico in massa dal Tirolo, tant’è che nel 1881 venne realizzata la cosiddetta Batteria Alta, una casamatta rettilinea a due piani rivolta a settentrione innestata alla preesistente torre cilindrica ed estesa fino al limite dello strapiombo. Successivamente nel 1884 fu costruita un’opera a tracciato pentagonale, detta Batteria Bassa, sulla spianata immediatamente a nord della torre cilindrica ma ad una quota leggermente inferiore, destinata a battere d’infilata la sottostante valle atesina. Si caratterizza per un grande piazzale chiuso fra possenti bastioni che contenevano ricoveri casamattati per la guarnigione, magazzini e locali di vario genere; sulla copertura, protette da massa coprente e da parapetto in terra, erano disposte le postazioni d’artiglieria a cielo aperto o in barbetta. Inoltre, nel 1881 venne costruita la nuova strada, mantenendo tratti della preesistente, mentre tra il 1881 e 1884 venne realizzata la caserma Massena sul versante meridionale di monte Castello nell’intento di acquartierare la guarnigione, con annessa scuderia. Nel medesimo periodo venne costruita a sud del paese, in prossimità del monte Pipalo anche una polveriera, autentico gioiello storico architettonico tuttora tra gli edifici militari meglio conservati dell’Italia settentrionale, che fungeva da deposito munizioni per tutti i forti del comprensorio.